La scrittrice Annie Ernaux, vincitrice del premio Mondello sezione “autore straniero” viene premiata in sala azzurra direttamente dalle mani del presidente Giovanni Puglisi che coglie l’occasione per dedicare l’incontro all’amico Giovanni Falcone della cui morte lunedì ricorre il trentennale.
Al Salone del Libro, Annie Ernaux è intervenuta, attingendo dalla sua esperienza personale, per affrontare il tema della disuguaglianza, definita come un insieme di differenze sociali e culturali che si ripercuotono sulle possibilità future, un’ingiustizia contro la quale lottare. Lo sa bene lei che è cresciuta e ha potuto studiare grazie ai sacrifici dei suoi genitori, compresi nella loro importanza solo in età adulta. Le disparità serpeggiano silenziose anche nelle società più abbienti, prendono forma sin dall’ambiente scolastico che per la scrittrice rappresenta la prima vera possibilità di riscatto sociale e di miglioramento delle prospettive future. Le aule scolastiche sono uno strumento per appianare le differenze, di cui è necessario che le istituzioni si facciano carico.
Nei suoi libri parla di due tipi di disuguaglianze: di classe e di genere. Alla richiesta di identificarne una peggiore tra le due, Annie risponde che è impossibile farlo, perchè strettamente interconnesse e conseguenza l’una dell’altra. Il discorso si sposta così sulla violenza di genere: per quanto la situazione attuale sia migliorata, episodi d’odio sono all’ordine del giorno. La libertà della donne risulta più volte limitata e vacillante, seppur non sempre in maniera tangibile. Annie parla di un certo “predomino maschile” , spesso esercitato in maniera invisibile. Persino i criteri di giudizio non sono univoci per i due generi: si tende infatti ad avere uno sguardo più neutro, quasi benevolo, nei confronti degli uomini, mentre verso le donne spesso si è ipercritici. Alla domanda se esista una complicità delle donne con lo stesso sistema che le opprime, la scrittrice sostiene di non poter parlare di “complicità”, quanto di uno stato di fatto. La scelta di tacere e l’impossibilità di agire nella maggior parte dei casi sono imposte dalle circostanze; il silenzio non è approvazione, ma una scelta forzata. Adottare un profilo basso risponde al semplice bisogno di proteggersi da chi è incapace di comprendere e soltanto nel momento in cui si riesce a trovare qualcuno capace di ascoltare, si può trovare il coraggio di rompere questo silenzio.
Negli ultimi minuti dell’incontro, la scrittrice si sposta dai contenuti alla forma dei suoi romanzi: cifra distintiva dei suoi racconti è l’oggettività. Questa nasce dalla capacità dell’autrice di guardare se stessa con distacco e obiettività, rinunciando a qualsiasi forma di invenzione. L’opera deve riflettere la realtà in tutte le sue contraddizioni, ciò che scrive deve essere “concreto e materiale come le cose”.